Certificazione energetica in caso di compravendita obbligatoria a decorrere dal 1° Luglio 2009 nel caso di trasferimento a titolo oneroso delle singole unità immobiliari

Il 1° Luglio 2009 è entrato in vigore – salvo diversa disposizione regionale- l’obbligo di redigere l’attestato di qualificazione energetica (ACE/Aqe) per le singole unità immobiliari, in caso di compravendita. L’attestato è un documento con finalità informative, che non obbliga ad adeguare l’edificio e/o l’unità immobiliare, ma determina il dispendio energetico dello stesso.

La disciplina energetica degli edifici è contenuta nel d.lgs. 19 agosto 2005, n. 192 (che ha attuato la direttiva 2002/91/CE).
Il provvedimento, all’art. 6, elenca i casi in cui è richiesto l’attestato.

  • Il primo caso riguarda gli edifici di nuova costruzione (cioè la cui richiesta di costruire sia stata presentata successivamente all’8 ottobre 2005) e gli edifici di superficie utile superiore a 1.000 metri quadri, oggetto di ristrutturazione integrale;
  • La seconda ipotesi concerne gli immobili esistenti; essi devono essere dotati dell’attestato secondo le seguenti scadenze:
    a. A decorrere dal 1° luglio 2007 nel caso di trasferimento a titolo onoroso dell’intero immobile di superficie utile superiore a 1.000 metri quadrati;
    b. A decorrere dal 1° luglio 2008 nel caso di trasferimento a titolo onoroso dell’intero immobile di superficie utile fino a 1.000 metri quadrati;
    c. A decorrere dal 1° luglio 2009 nel caso di trasferimento a titolo onoroso delle singole unità immobiliari.

Ma quali sono le conseguenze in caso di inadempimento? L’art.35, comma 2-bis del d.l. 122/’08 ha soppresso la previsione del Decreto legislativo 192/2005 che imponeva, a pena di nullità, di allegare, agli atti di trasferimento a titolo oneroso, la documentazione energetica (salvo norme regionali per altro in corso di emanazione).

Successivamente in base alle linee guida (DM 26/06/09) con i criteri di classificazione è reiterato l’obbligo di allegazione per gli edifici esistenti ciò è sostituibile con una autocertificazione con la quale il venditore dichiara che l’immobile è in classe “”G”” (pessimo!).

L’art. 15 comma 7, del citato decreto prevede ora soltanto che il costruttore che non consegni al proprietario, contestualmente all’immobile, l’originale della certificazione energetica, sia punito con una sanzione amministrativa non inferiore a 5.000 euro e non superiore a 30.000 euro. Obbligo, questo che la finanziaria per il 2008 ha poi reso maggiormente cogente, stabilendo, per le nuove costruzioni, che il rilascio del certificato di agibilità sia subordinato, alla presentazione della certificazione energetica dell’edificio.

L’UPPI PREDISPONE LA CERTIFICAZIONE ENERGETICA DEL VOSTRO IMMOBILE, PER INFORMAZIONI IN SEDE (Gesticasa: www.gesticasasrl.it).

Il Presidente
Prof. Dott. G. Baldazzi”

I proprietari di immobili per il rilancio del settore abitativo

“Il nostro paese è caratterizzato a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, da una politica di forte incentivazione dell’acquisto della prima casa. Inoltre il “mattone” è stato sempre visto dai risparmiatori come “bene rifugio” che consente un arrotondamento delle entrate familiari ed assicura una vecchiaia più serena. In conseguenza di tale “cultura” oggi siamo il Paese al mondo con il maggior numero di proprietari immobiliari. Parallelamente alla diffusione della piccola proprietà è iniziata una vera e propria politica di tassazione diretta ed indiretta del bene casa che ha da tempo “tracimato” ed appare ormai insostenibile.
Inoltre un regime vincolistico della disciplina sulla locazione abitativa durata per oltre cinquanta anni ha provocato una profonda crisi nel settore con notevole diminuzione dell’attività edilizia trainante dell’intera economia nazionale. Solo nel 1998 il legislatore ha approvato la legge di riforma n. 431 che ha introdotto alcuni elementi di fondamentale importanza ed assolutamente innovativi: il doppio binario (canoni liberi e canoni concordati), il fondo sociale per l’affitto e gli sgravi fiscali quale forma di incentivazione alla conclusione di contratti a canoni concordati.
Con la legge n. 431 del 1998, inoltre, si sono modificate le modalità di intervento dello Stato che è passato da una politica finalizzata ad incrementare il patrimonio abitativo, ad un sostegno finanziario al reddito delle famiglie in difficoltà nel pagare gli affitti del mercato privato. Imitando modelli già sperimentati in alcuni Paesi europei, si è ritenuto di “stabilizzare” la permanenza delle famiglie in affitto privato per ridurre la pressione della domanda sul versante pubblico.
C’è chi sostiene che tale legge non ha prodotto risultati apprezzabili e che, in quasi tutte le principali città italiane, l’offerta di alloggi in affitto è ulteriormente diminuita. Ciò non è esatto perché sono invece stati immessi nel mercato locativo alloggi prima tenuti sfitti per la scarsa remuneratività delle locazioni ovvero in vista del soddisfacimento di esigenze personali dei proprietari o dei loro familiari.
È però anche vero che, a distanza di circa sei anni dalla sua entrata in vigore, la legge di riforma non è stata completamente attuata a causa di una forte sottovalutazione della portata innovativa della disciplina. Non è stato costituito l’Osservatorio nazionale; pochissimi sono i Comuni che hanno ridotto ed azzerato l’ICI per gli immobili locati con contratto a canone concordato; vi è incertezza e non è stato incrementato il fondo sociale per l’affitto che addirittura è stato diminuito e si è cominciata ad eroderne l’efficacia destinando parte di queste risorse per altri scopi, modificando, di fatto, l’impianto della legge, né si è proceduto oltre con gli sgravi fiscali.
La nuova legge nella sua applicazione ha avuto luci ed ombre. È ora arrivato il momento di riprendere in modo deciso il percorso della sua completa attuazione, tenendo conto delle problematiche più pressanti:

  1. un mercato della locazione che risente ancora di oltre cinquant’anni di regime vincolistico;
  2. una domanda diversificata;
  3. una illegittima politica di blocco degli sfratti sia pure in favore di categorie disagiate;
  4. una pressione fiscale che ha raggiunto limiti intollerabili;
  5. l’impostazione di balzelli a carico della piccola proprietà immobiliare: dalla rivisitazione degli estimi catastali alla minacciata obbligatorietà dell’assicurazione contro le calamità naturali, ecc., ecc.;
  6. il depauperamento del patrimonio immobiliare degli enti pubblici e degli investitori istituzionali a causa della dismissione degli immobili;
  7. la mancanza di una seria politica dell’abitare.

Dr. Gilberto Baldazzi